Criminologia- Le origini


 

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Di cosa si occupa la criminologia?

La criminologia è la disciplina che studia il comportamento criminale dal punto di vista statistico, sociale, antropologico, sociologico, giuridico e psicologico attraverso criteri scientifici.

Oggi questa disciplina è soprattutto legata alla tradizione americana, ai telefilm che ci intrattengono con lo studio della scena del crimine o con appassionanti casi in cui l’assassino viene rintracciato attraverso il profiling, è legata all’idea del serial killer o all’immagine di un investigatore sempre minacciato dai delinquenti che tenta di scovare ed arrestare, tuttavia le origini storiche di questa materia sono italiane e non così moderne.

Era la fine del XVIII secolo quando Cesare Beccaria nel 1764 pubblicò il suo trattato “Dei delitti e delle pene” fondando la Scuola Classica e ponendo le basi per una nuova concezione del diritto penale. Beccaria concepiva l’essere umano come un individuo capace di scelta e di ragione, il delitto quindi veniva inquadrato come una violazione del contratto sociale, una rottura di esso operata in modo lucido e consapevole. La sua concezione del diritto penale si basava sull’idea di formulare leggi chiare e garantite, pene certe che pertanto avrebbero dovuto dissuadere l’individuo “lucido e ragionevole” dal commettere reati.

Durante quegli anni il focus dello studio del criminale si concentrò sul trattamento e sulla concezione di un carcere in grado di educare e riabilitare, di “cambiare” il detenuto ed addestrarlo. Durante questo primo filone di studi furono altre le personalità che lasciarono un contributo, tra questi: Jeremy Bentham (1787) che propose il Panopticon come struttura architettonica adatta a tale idea di carcere e concepita con l’intento di far percepire al detenuto un controllo visibile ma inverificabile (il detenuto ha sempre di fronte a sé la torre di controllo ma non può verificare la presenza della guardia), dopo di lui in Francia Quetelet (1835) e Guerry (1833) si occuparono di stendere le prime cartografie del delitto e i primi studi sulla statistica e sull’incidenza dei comportamenti criminali rilevando come:

  • il delitto sia il prodotto della società e delle sue condizioni generali di vita;

  • il comportamento criminale sia correlato con l’età e con il sesso: i giovani delinquono più degli adulti e i maschi in misura maggiore delle donne;

  • la povertà e il livello culturale non siano direttamente responsabili ma siano piuttosto le diseguaglianze e i contrasti tra povertà e ricchezza ad incidere sugli alti tassi di criminalità.

Per tornare in Italia, nella seconda metà del 1800 è Cesare Lombroso a segnare la storia della criminologia nel tentativo di dare un vero e proprio volto al delinquente. Erano gli anni del positivismo e Lombroso costruì una vera e propria teoria globale del crimine di tipo bioantropologico postulando che i delinquenti fossero caratterizzati da particolari anomalie o caratteristiche somatiche e pertanto facilmente riconoscibili.

Lo studio della materia dopo le teorizzazioni di Lombroso in Italia subì un brusco calo per diversi motivi, non ultimo la presenza della chiesa che si opponeva all’idea di un positivismo che mettesse da parte il concetto del libero arbitrio e della scelta individuale.

Gli aspetti di cui oggi mi occupo non sono legati alle teorie criminologiche o allo studio delle radici storiche della materia, ma penso che conoscere tali radici possa essere una prospettiva interessante da cui osservare questa disciplina e da cui iniziare a conoscerla.

Ho scritto queste breve articolo per la sezione “Terza voce” che ospita le voci e le firme di diversi colleghi sullo stesso tema nel sito piazzettasopraipontidue.com